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E’ più facile criticare, che non fare. Più semplice distruggere, che non costruire. Lo si è visto bene in questi giorni, coi detrattori di Tesla e della mobilità elettrica in generale gongolare per l’affanno della casa californiana nel passare attraverso il “production hell” della Model 3. Perché sì, a fine settembre, invece di 1.500 esemplari ne sono usciti dalla nuova linea produttiva di Freemont dedicato a questo modello solamente 260. Fatto questo che da una parte ha portato Tesla a rinviare a metà novembre il lancio del suo Semi Truck, in modo da focalizzarsi sulla risoluzione dei problemi e dei “colli di bottiglia” in cui si sono generati i ritardi della Model 3, dall’altra a migliorare (e chiarire) un paio di cose.

Se si fabbrica un’auto che, oltre a contenere livelli di tecnologia mai visti prima, è composta da svariate migliaia di parti e centinaia di componenti, può capitare che qualche anello della catena (di produzione) faccia fatica a reggere i ritmi di un successo andato oltre le aspettative anche dei più ottimisti. E così, come del resto preannunciato negli scorsi mesi da Elon Musk, Tesla si trova effettivamente in un “inferno produttivo” che si scontra con i limiti di quasi ogni attività in cui si parte da zero. Con due vantaggi, nel caso di Tesla: la capacità di uscirne ulteriormente rafforzata, e la possibilità di migliorare e aggiornare la Model 3 già in queste primissime fasi di produzione.

Ad esempio, rispetto ai veicoli presentati a fine luglio, Tesla ha già sostituito i sedili anteriori e le batterie della Model 3. Ha anche cambiato – e questo già nelle auto prodotte in agosto – le luci dei fari, sostituite con una versione aggiornata che, fra le altre cose, evita che si creino fenomeni di condensa nei fari posteriori. Stando a fonti interne, Tesla ha anche già sostituto parecchi altri componenti più piccoli, ed è proprio lì che si sono verificati alcuni rallentamenti.

Come ha spiegato Tesla in una nota, “sebbene sia nella fabbrica [di Fremont, ndr] in California che nella Gigafactory in Nevada la stragrande maggioranza dei nostri sottosistemi manifatturieri sia in grado di operare ad alte velocità, una manciata di questi ha impiegato più tempo del previsto per attivarsi”. In altre parole, la produzione rallentata di alcune singoli componenti ha rallentato tutto il resto, che ha dovuto adeguarsi di conseguenza pur essendo in grado di reggere i ritmi del “production hell”.

Tesla, decisa a rispettare comunque il percorso della “S curve” che raffigura la “Production Timeline” della Model 3 in questi prossimi mesi, al di là dell’affanno non sembra affatto pessimista. Infatti, non ha neppure considerato di modificare i termini previsti per la consegna di queste auto ai rispettivi clienti. L’obiettivo entro la fine di quest’anno resta dunque quello di raggiungere la produzione di ben 5mila Model 3 alla settimana. Del resto, solo così si potrà consegnare il quasi mezzo milione di esemplari pre-ordinati e far fronte a una domanda che, secondo lo stesso Elon, potrà poi arrivare a ben 700mila unità all’anno.

Chi conosce o segue da più tempo Tesla sa che quello del “production hell” è un problema che, agli inizi, si è avuto anche con la Model X (l’espressione è stata infatti usata per la prima volta da Musk proprio in quel frangente). A quanto pare non è fra questi il Wall Street Journal, che negli scorsi giorni ha criticato (se non deriso) Tesla con un articolo pieno di mezze verità e imprecisioni in cui, fra le altre cose, si è scritto che la casa automobilistica di Elon Musk sta andando così piano nella produzione della Model 3 perché i suoi operai sono costretti a costruirne intere parti a mano.

Visto che in pochi sanno come si costruisce un’auto, e che non sono in molti ad avere pubblicato o diffuso la replica di Tesla alle informazioni inesatte del WSJ, ve la riportiamo qui, in lingua originale:

“This reporting is fundamentally wrong and misleading. We are still in the beginning of our production ramp, but every Model 3 is being built on the Model 3 production line, which is fully installed, powered on, producing vehicles, and increasing in automation every day. However, every vehicle manufacturing line in the world has both manual and automated processes, including the Model S and Model X line today. Contrary to the Journal’s reporting, this is not some revelation. As we’ve always acknowledged, it will take time to fine-tune the line for higher volumes, but as we have also said, there are no fundamental issues with Model 3 production or its supply chain, and we are confident in addressing the manufacturing bottleneck issues in the near-term. We are simply working through the S-curve of production that we drew out for the world to see at our launch event in July. There’s a reason it’s called production hell.”

C’è un motivo per cui si chiama “production hell”. E ce ne sono molti per credere che, come afferma qui sopra e come ha dimostrato di sapere fare già in passato, Tesla ne uscirà molto presto.