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In attesa che i nostri Silvia e Andrea tornino con la loro Model 3 dalla “Arctic Expedition” (domenica 9 Febbraio li aspetteremo a Genova con una grande festa, dove siete tutti invitati, a breve vi daremo i dettagli per partecipare!), la corsa di Tesla verso una diffusione delle auto elettriche su larga scala continua. Da una parte, infatti, le vendite vanno talmente bene da avere il marchio californiano non solo a superare ancora diversi colossi dell’auto a livello di valore in borsa e non, ma anche ad avere finalmente registrato dei profitti.

Il 2020 è l’anno della riscossa, per Tesla, della raccolta dopo una lunga ed abbondante semina. Un dato di fatto, sotto gli occhi di tutti, che ha portato Donald Trump a definire Elon Musk “un genio” (avevamo bisogno di lui par saperlo), o analisti e detrattori vari che avevano scommesso contro la casa di Palo Alto ad ammettere pubblicamente di avere sbagliato (leggere su CNN per credere). Se ciò non bastasse, quest’anno è in arrivo un altro modello tanto atteso: la Model Y.

A marzo, infatti, inizieranno le prime consegne del nuovo modello Tesla. Un’auto elettrica che, fra le altre cose, promette un’autonomia di oltre 500 km (315 miglia). “Grazie ai continui progressi ingegneristici della trazione integrale della Model Y (AWD), siamo stati in grado di aumentare l’autonomia EPA massima a 315 miglia, rispetto alla nostra precedente stima di 280 miglia”, ha spiegato Elon Musk in una recente conference call: “Ciò estende il primato della Model Y come SUV elettrico più efficiente al mondo”.

La produzione della Model Y, iniziata lo scorso mese a Fremont, interesserà anche la futura fabbrica europea. Sempre che le proteste in Germania contro la Gigafactory 4 non ritardino o blocchino tutto troppo a lungo. Se da una parte le trattative per l’acquisto del terreno (300 acri, 41 milioni di euro) sembrano procedere pur tra tutte le difficoltà burocratiche ed amministrative del caso, dall’altra le proteste di gruppi ambientalisti continuano appunto su più fronti.

Per costruire la fabbrica berlinese di Tesla, sarà necessario disboscare un’aerea di foresta che ospita una specie di pipistrello a rischio estinzione. Tesla ha fatto presente che per ogni albero abbattuto in quel luogo ne pianterà altri tre, ma a coloro che protestano questo non basta. I comitati del luogo aggiungono al pacchetto l’accusa al futuro stabilimento di causare un eccessivo sfruttamento idrico delle riserve di quel luogo.

Che tutto ciò sia vero o meno non abbiamo ancora avuto modo di appurarlo. Di sicuro a chi ama Tesla, ne conosce la serietà e vorrebbe sul suo stesso territorio una Tesla factory come poche altre cose al mondo, vedere che la sindrome “Nimby” non vale solo per discariche, inceneritori e depositi di rifiuti radioattivi, ma anche a un polo produttivo che, oltre a diverse migliaia di posti di lavoro per la costruzione di batterie, motori e veicoli elettrici, porterebbe anche grandi investimenti a livello di ricerca ed innovazione.

Non stiamo dicendo che Tesla può fare ciò che le pare (infatti non lo sta facendo). Un ecosistema così complesso non può essere toccato senza valutare ogni singolo dettaglio. E neppure che con la scusa del creare lavoro si può passare sopra tutto e tutti (pipistrelli inclusi); solo ci auguriamo che si trovino presto delle soluzioni ad eventuali problemi di carattere ambientale, e allo stesso tempo che i cittadini impegnati nell’opporsi alla “Giga Berlin” non esagerino nel bloccare i lavori.

Nel frattempo in Cina (un contesto ben diverso da quello tedesco, per vari motivi), nell’arco di pochi mesi si è costruita una fabbrica da zero e si è partiti con la produzione della Model 3. È solo uno dei recenti risultati ottenuti da Tesla in quello che sembra un anno veramente intenso: le previsioni confermano che il numero di auto che la casa californiana produrrà nell’arco del 2020 supererà il mezzo milione. Di tutte queste vetture, circa 150mila verranno prodotte nel solo stabilimento “Giga Shanghai“.